dallas700:
Metà novembre o quasi. La sinfonia degli ultimi giorni è che a breve sarà freddo e farà neve. Ascolto questo ritornello senza neanche darci troppo peso, però visto che mi dispiacerebbe tutto in un colpo accatastare la ferraglia e prendere fuori gli sci, ci ragiono un attimo. Giovedì 14 novembre sarebbe stato il giorno perfetto, però per non rischiare mi scappa detto con Ulisse che va bene anche il lunedì. Accidenti il lunedì, non arrampico mai di lunedì. La domenica sarò via tutto il giorno per una gara boulder di Jacopo a Forlì, dove probabilmente spenderò gli ultimi jolly per l’infarto dopo anni che vado ad assistere dal vivo. Mi salva la cassetta del water a Rimini che perde, e quindi lo mollo lì per andare giù a cambiare la guarnizione. Saranno circa le 15 e 30. Sono riverso sul divano già attaccato al defibrillatore mentre seguo i risultati on-line, blocco dopo blocco. Mentre soffro incrocio tutti i dati per l’uscita dell’indomani. Sembra di gestire una banda di matti. Uno sembra uscito dall’asilo, cambia idea sulla via da fare ogni dieci minuti e vuole tirare tutto da primo, addirittura vorrebbe fare un grappolo da quattro con tre secondi di cordata pur di salire una via dura. Un altro ha detto che c’è ma basta che ad un cinno gli venga la febbre e ce lo siamo giocati. Un altro ancora vaneggia un dolore al tunnel carpale tenendo in sospeso la sua presenza fino all’ultimo, mettendo quindi in bilico l’utilizzo della Metan-Car tanto cara alla combriccola per spendere meno del meno possibile. Insomma è tornato in pista il dream team dello Spigolo del Velo, ci sono tutte le premesse per combinare dei casini anche in quel di Arco. Eh sì, perché dopo tanto peregrinare tra la Val d’Adige e la Valdastico evidentemente stavolta toccava alla Valle del Sarca. Ulisse e Walther era appena andati la settimana precedente e mi avevano fatto tornare voglia. Solo che quando apri le sacre scritture sulla zona, di vie ce ne sono troppe. Ma se sei un po’ scarso poi si riducono drasticamente e questo per me e Gec è stato un bene. Scorrendo la mia lista di quelle da non perdere trovo la “Via delle Cariti”, se l’ho segnata evidentemente, grazie alle mie centinaia di ore su internet, ci sarà stato un buon motivo. Gec è subito daccordo, Ulisse inizia una guerra psicologica negazionista che si protrarrà fino al giorno seguente al parcheggio della chiusa di San Paolo. La domenica si conclude nel migliore dei modi con il primo posto di gara ma anche una gran stanchezza e una notte pressochè insonne. Il parcheggio Eurospin di Corticella è stato eletto a nuovo punto di partenza dopo che in quello Ex Lidl sembra calata la fine del mondo. Quando non ci vedi più macchine c’è sempre un perché, non importa saperne il motivo. Viaggio regolare o quasi, caffettino dalla biondina a Nago poi in un attimo siamo al parcheggio. Ci sono degli operai che lavorano nel vicino uliveto, alla terza manovra per parcheggiare il loro capo fa capire che alla quarta sarebbero pronti per randellarci. Bene ci siamo, in un attimo siamo sotto la parete. Tentiamo di fare un piano di doppia cordata per un’eventuale seconda via ma non si fa in tempo, il bimbo già zompetta lungo il primo tiro e dopo il fischio recupera Walther che in un attimo viene assorbito fuori dall’ombra. Parto io, tutto calcolato per appoggiare a Gec la placca del quarto tiro. In vista della sosta, sotto al sole cocente tipo esplosione nucleare mi sembra duro anche il quinto grado, uscita spalmata sul nulla che per poco non vado giù. Secondo tiro che parte verso destra, caldo assurdo ed effetto specchio. Raggiungo il compagno in sosta dopo aver affrontato uno stancante muretto e un’estetico traverso, il vero spotting point della via. Ora mi tocca la temibile fessura del terzo tiro. Mi tolgo la maglia e godendo di un po’ d’ombra e di un filo d’aria affronto le mie responsabilità. Un bel sesto grado, poco altro da dire se non che, per fortuna, è protetto da falesia. Giunto al chiodo e in vista dell’alberello salvatore sono a due millesimi di secondi dal volo, sento nel torpore Gec dirmi “dai fai il passo” e mi trovo abbracciato allo stecco di legno. In breve finalmente in sosta. Necessario uno spostamento a destra per andare a prendere il super pilastro di roccia grigia. Ora tocca a lui, quello che si allena di nascosto in garage e sulla plastica in palestra in orari di bassa frequentazione. La tattica della camuffa produce grandi risultati al punto che passa senza problemi l’impegnativa placca a gocce (VI anche con il +) chiodata anche piuttosto lunghetta. Però che bel tiro questo, vale veramente la via. A seguire mi tocca un’ostica placca grigia di VI inferiore, due fix proteggono bene ma lo sblisgone è dietro l’angolo. Si esce su uno spigoletto estetico facile ma sprotetto che richiama al massimo l’attenzione, un fix qua ci poteva proprio stare in quanto non ci sono fessure per proteggersi in altri modi. Più o meno in questo punto si incrocia Aphrodite. E difatti le protezioni diventano molto più rade, al punto che il corto sesto tiro lascia un po’ di perplessità. Ero già passato di qua nel 2013 con Walther, evidentemente eravamo più in forma oppure semplicemente più giovani ma anche ammaliati dagli eroi dell’epoca dei blog di arrampicata, prima su tutti EvaK, musa ispiratrice di svariate nostre ripetizioni. L’ultimo tiro della via suddetta me lo ricordavo duro e così è stato, con i piedi sul lucido agguanto il cordone sul passo chiave spezzando l’idillio della libera. D’altra parte se penzola, è lungo e pure doppio...avrà la sua funzione. Ultimi metri entusiasmanti verticali su prese enormi, trionfo della bellezza. Il vento fresco della valle ci rimette in sesto, al netto che abbiamo perso gli altri due compagni di giornata. Poco male, intanto festeggiamo la nostra salita e poi ascoltiamo il vocale di Ulisse che dice che nell’andare a funghi non hanno trovato la Via Flavia ma sono finiti alla parete della Croce di Ceniga. Una volta scesi alla strada anche noi ci concediamo una seconda via, considerando comunque che siamo già un po’ maturi e certi che una scelta sbagliata comporterebbe l’uso della frontali e del Rosario. La via delle Ammoniti si presenta come la scelta perfetta, ad un primo tratto banale dopo difatti cambia la musica. Come diceva il Trap...non dire gatto se non ce l’hai nel sacco (altro mini-report a parte). Circa alle 16.20 circa ci ritroviamo tutti alla Metan-Car. Dopo le classiche battute di scherno tra bravi e meno bravi, valutazioni varie, sgradi di ogni tipo, discussioni sullo stile Grill se piace o non piace, non rimane altro che andare a bere la birra finale. Imboccando il viale di Arco, cerchiamo il posto più simile alla Gigia di Brentino un po’ per affettività e un po’ perché non siamo da bar con thè allo zenzero. Il nostro punto di riferimento è la porticina con scritto Pizza al Taglio. Ci accoglie sempre il mitico pizzaiolo in maglia bianca. E la prima domanda non la sbaglia mai….siete stati ad arrampicare? Triangoli di pizza e birre dal frigo, pochi fronzoli e tanta sostanza. Grazie amici per la compagnia, in questo mondo di pazzi e guerre non è poi così scontato passare una bella giornata in allegria.
Breve nota: via in perfetto stile Grill ben protetta ma per stare sereni è necessario integrare (valutazione corretta sarebbe RS2). Portare una serie di friends fino al BD rosso, qualche nuts piccolo e 12 rinvii. Cordini e fettucce a corredo utili per clessidre, piante e collegamenti dei due punti in sosta.