Cronaca di una settimna a Cèüse
Cèüse, il tempio dell’arrampicata mondiale, la perla delle Alte Alpi francesi. Uno dei siti arrampicatori di riferimento, selettivo, sì perché l’avvicinamento e la nota distanza fra i chiodi inibiscono i più. Eppure noi, arrampicatori con tanta passione ma ancora poca esperienza, ne siamo incuriositi, affascinati. Forse anche e proprio perché non è da tutti, perché ‘te la devi conquistare’ con fatica, sotto il solleone, su per quei circa 400 metri di dislivello tutte le mattine e quando arrivi su sei esausto e.. ne avrai ancora poi per arrampicare?
Ed è così che un venerdì sera di inizio agosto, passato il confine e lasciataci alle spalle la cittadina di Gap, ci ritroviamo stipati nella piccola Punto della mamma di Ste, stracolma di attrezzatura da camping e da arrampicata, in direzione Sigoyer. Ecco, all’improvviso, immersa nel buio della silenziosa campagna francese, si staglia davanti a noi una sagoma ancora vaga ma imponente, a poco a poco sempre più nitida. La luce della luna, quasi piena ormai, la illumina e sulla sommità cominciamo a scorgere la lunga leggendaria striscia di calcare di cui abbiamo tanto sentito parlare. Ci emozioniamo. Guidiamo per lunghi tratti a fari spenti, per potercela godere.. sembra che l’Orsa Maggiore la cavalchi. Al seguito di Ale e Claudio arriviamo, carichi come molle, al Camping Les Guerins e montiamo le tende dove ci ha consigliato Spiro, nella parte bassa del campeggio. Claudio è già stato a Cèüse qualche anno fa, quindi, tra di noi, è quello più pratico. Ci addormentiamo pieni di aspettative, curiosità, forse anche un po’ timore per il giorno dopo. Che sogno dormire al fresco dopo tutto il caldo preso a Bologna!
Il mattino seguente ci sistemiamo e organizziamo: andiamo a registrarci alla reception, facciamo colazione e andiamo a lavarci i denti. A momenti mi va di traverso il dentifricio: con grande disinvoltura ci passa davanti una biondina minuta e molto curata. Ci guardiamo l’un l’altro come a chiederci «Ma è davvero lei? È Sasha Di Giulian??!» Scopriremo che i bagni del camping, pur popolati da qualunque tipo di insetto pensabile e dotati di docce che raramente ci concederanno acqua calda (solo prima delle 9 del mattino!), costituiscono un punto di incontro e aggregazione, dove ritroveremo gli stessi volti incrociati sul sentiero per la falesia e visti sulle vie di arrampicata. Ci prepariamo due uova sode, qualche barretta e zaini in spalla: pronti ad affrontare la fatidica ascesa. Prima di partire da Bologna mi ero ripromessa che avrei sempre riportato in tenda la corda nuova, ancora da inaugurare, che non l’avrei mai nascosta lungo il sentiero come alcuni usano fare per poter salire più leggeri: a metà della salita, il primo giorno, sudata fradicia e senza fiato, ho già cambiato idea, convintissima di lasciar su tutto il materiale (e così sarà!). Lungo la scarpinata ci soffermiamo a prendere fiato e ad ammirare la paretona strapiombante di Biographie, con la sua distinguibile colata azzurra: è stupenda.. ma è così lontana!!! Ci mettiamo circa un’ora e mezza per arrivare alla base della parete, Claudio scalpita perché salirebbe a un passo più rapido, io e Ste ansimiamo. Alla fine della settimana avremo acquisito il fiato e il passo per salirla in una sola ora (Ste addirittura in 50 minuti!) La roccia è galattica, tanta gente è già appesa sui tiri, lunghi spesso una trentina di metri. Con emozione attacco la prima via, un 6a al Demi Lune, Les sucettes à l'anis, su cui Ale e Claudio mi hanno lasciato i rinvii per buttarsi già su un 7a. La roccia è pazzesca, come fa ad essere così bella anche su vie così facili?!
Arrampico un po’ emozionata, mi lascio sempre il chiodo sotto il piede ma mai in maniera eccessivamente fastidiosa. Mi faccio calare e Ste mi stupisce dicendomi «Tira pure giù la corda, vado da primo anch’io». E sereno, con calma, si guadagna la sua prima catena a Cèüse. In effetti, l’atmosfera è tale che salire in top rope avrebbe un sapore discordante con tutto quello che ci circonda. Gente di tutti i livelli (ma mediamente più alto di quello che solitamente trovo in falesia), ragazzi e anche tante ragazze, tutti a tirarsi la propria via, a saltar giù, a provare e riprovare un tiro. Senti incoraggiamenti nelle lingue più disparate «Come on, come on! Nice!!» «Venga, Venga!», «Alè, duro! Non mollare» e altre espressioni non meglio identificate, probabilmente dell’Europa dell’est.
Provo un altro 6a, Katina, deve essere uno dei classici, perché è un filo untino nella partenza. Nel frattempo Ale e Claudio sono poco oltre, ancora al Demi Lune a tirare delle gran mine su vie più impegnative. Che buccia, un po’ li invidio, non ho ancora il coraggio di buttarmi su un grado al mio limite. Scelgo un 6b+, Chant de Cristal, da cui è appena scesa Tanya, una ragazza greca che vive in Francia. Le chiedo: «Is this route polished?» timorosa di trovarmi sul lucido con il chiodo lontano. Mi risponde di no e mi incoraggia a provarla. Ha ragione, è spettacolare: l’arrampicata è fluida e la roccia gripposa a goccette… una sezioncina più intensa a metà e arrivo facilmente in catena. Ste prende la macchina fotografica e ci avventuriamo, curiosi, ad esplorare gli altri settori: attraversiamo il Demi Lune, che, procedendo verso sinistra, offre tiri più impegnativi, arriviamo al settore Biographie e cerchiamo la via resa nota da Sharma: troviamo il nome sulla roccia, nascosto da piccoli cespugli. Tasto le prime prese.. come diavolo si parte?? Intenibili! Vediamo un ragazzo che stringe di brutto su Les Colonnettes, sembra di essere dentro uno dei video della Big Up! Un’occhiata anche a Berlin, settore storico più impegnativo - mi dicono - e, a tramonto inoltrato, dopo aver accuratamente infilato la sacca della corda con rinvii, scarpe e scorta di acqua dentro un cespuglio (memorizziamo bene quale!), ci incamminiamo sul sentiero, ora in discesa, con la frontale accesa. Estasiati ma stanchi, arriviamo al campeggio che sono già le 10 e mezza passate e scopriamo che, per mettere su l’acqua, farla bollire e poter finalmente mangiare, è passata un’altra ora. Non c’è la forza per una doccia (e per giunta con acqua fredda!), ci laveremo il mattino seguente.
Dopo alcuni giorni abbiamo preso un po’ il ritmo della vita ceusiana. Sappiamo quando è il momento di darci dentro e quando di riposarci. Ci cuciniamo qualcosa al mattino da portarci su e da mangiare prima di cominciare a scalare. Affrontiamo il sentiero verso le 13, in modo da avere un’oretta per riposarci quando arriveremo in cima, prima che la parete vada in ombra. Camminiamo silenziosi, ognuno con il suo ritmo, senza fermarci, con gli auricolari e la musica dell’ipod a scandire i nostri passi verso il calcare di qualità. Abbiamo capito le temperature, e valutato di conseguenza cosa portarci dietro e cosa lasciare al camping per ridurre al minimo il peso sulle spalle. Sali in pantaloncini ma alle 9 di sera ti ritrovi a far sicura con addosso il pile e il windstopper, perché su in cengia tira vento. Il secondo giorno arriva all’improvviso una grandinata che riversa una secchiata d’acqua sui climbers in parete (me compresa) e relativi assicuratori. Ste mette in tiro per bloccarmi ma gli grido di lasciarmi corda: sono oltre la metà di un bel 6b che mi è costato fatica, nella parte sotto, Canabis ou nutella, e non voglio mollare: appena smette di piovere, fradicia ma ormai su un tratto di roccia rugosa e ben appigliata, guadagno la catena, felice di non essermi fatta calare come gli altri che provavano le vie attorno a me. Esce l’arcobaleno.
Solo il terzo giorno trovo il coraggio di intraprendere un progetto più ambizioso: voglio provare Requiem pour un con, un 6c a Un pont sur l’infini. Ale e Claudio l’hanno fatto ieri e mi hanno detto essere molto bello, tecnico di placca come piace a me. Salgo il sentiero sentendomi carica e vogliosa di mettermi in gioco; mi scaldo su un altro 6a al Demi Lune, Sea sex and sun e mi dirigo verso la via che ho scelto. Arrivo alla base e, uff! è impegnata: i ragazzi che la stanno facendo mi dicono che deve salire ancora un altro e che poi la liberano.
Che faccio.. aspetto? Con la guida di Spiro in mano scorro la parete alla ricerca di un tiro di analoga difficoltà come alterativa. Ci sono solo dei gran 7a: Un pont sur l’infini, La galère, La Reine des pommes. Quest’ultima mi suona familiare, sì era quella del report di Tita che avevo letto tempo fa e che mi aveva messo una gran voglia di andare a Cèüse… i due ragazzi che la impegnano la stanno smontando. Ci butto una rapida occhiata: da sotto non riesco a leggerla molto bene, in mezzo a buchi di varie dimensioni vedo i primi tre spit molto vicini per poi allungarsi e sparire nel grigio. Ma sì dai, sono a Cèüse, cosa continuo a fare sui 6b?! proviamo, magari è il mio genere e riesco a montarmela con un po’ di fatica e poi nei prossimi giorni me la lavoro. Prendo la corda (quella vecchia, la nuova è rimasta giù al campeggio), mi infilo le scarpe buone, aggancio una decina di rinvii all’imbrago e parto senza pensarci più. Comincia easy, su prese generose e, al terzo chiodo, tutto si fa più piccolo e meno incoraggiante. Procedo, con i miei tempi biblici, fermandomi in più punti, dove passare mi sembra inizialmente impossibile, poi molto duro, ma forse studiabile e, infine, in qualche modo, arrampicando al limite, mi trovo oltre il passo. Piano piano, in questo modo avanzo sulla via, sempre raccontandomi «Dai ancora un passo, ancora un movimento, dai dai!» continuando nell’ottica di riuscire a montarmela tutta per un possibile futuro tiro serio in cui concatenarla.
Procedo senza preoccuparmi dei chiodi, cercandoli giusto per verificare di essere sulla linea giusta e rinviandoli quando me li trovo comodi davanti alla faccia, quasi mi si presentassero di loro spontanea volontà. Paradossalmente noto che prestavo più attenzione alla loro distanza sulle vie facili, forse perché appoggiate. Arrivo, ormai già a metà della via a una presa sottile e profonda, ottima - l’unica lì - ma, ahimè, bagnata e fangosa. Pauuura! Mi ritrovo con la mano destra fradicia e melmosa - tutto per colpa della pioggia del giorno prima - rischia più volte di scapparmi e io di scivolare..no! non posso morire qui! Tenendomi a una puntina di calcare con l’altra mano, ci butto dentro un po’ di magnesite, migliorando leggermente la situazione. Con determinazione la stringo e passo: è andata!
Continuo a sentire la voce di Ste, alla sicura, che mi incoraggia, quella di Ale, costante fino a pochi minuti fa si zittisce.. avrà raggiunto Claudio e Marco a Berlin per provare tiri più duri? Ormai sono a 2/3 della via, conto tre spit sopra di me, senza però vedere la catena, stimo ancora 12-15 metri. Coraggio Ale! Comincio a pensare che mi scoccerebbe un bel po’ dover arrivare di nuovo fin lì, vista la fatica che mi è costata e i numerosi passi al limite che forse non riuscirei a ripetere. Mi passa per l’anticamera del cervello la folle idea che forse in una qualche remota possibilità potrei arrivare in catena pulita.. ma non sbilanciamoci che poi mi emoziono e mi frego da sola. Scaliamo! Rimango tranquilla e proseguo, qui è un po’ più facile, mi sento più intraprendente ma allo stesso tempo più cauta, per non rischiare di rovinare tutto. Rinvio l’ultimo spit e vedo, a qualche metro da me, la catena, sull’appoggiato. Una presa buona, una stupenda lama con clessidra (!!) e poi più niente. Salgo e, sfruttando il diedro sulla destra, passo anche la parte dove non sembrava esserci nulla e sono in catena. Esplodo in un grido di gioia per esprimere lo stupore e la soddisfazione di questo bellissimo regalo che ho fatto a me stessa. Ste che mi fa sicura esulta con me.
Il mio primo 7a OS!! E per giunta a Cèüse! O forse proprio perché sono a Cèüse? Come non farsi contagiare dall’atmosfera, dalla voglia di roccia e di scalata che ribolle nell’aria?! Ho voglia di ridere e piangere insieme. Mi metto a saltare. Aspetto un attimo prima di farmi calare, per assaporare questo momento. Poi, scendendo, sgancio e recupero i rinvii che io stessa avevo appena montato. Cosa è possibile fare con la mente libera dalle aspettative e dalla paura! Che sia questo lo stato di grazia a cui i climbers tanto ambiscono? Uno status in cui la voglia di scalare fa da guida, orchestrando corpo e spirito nella migliore delle sinergie. Cerco di fissare le sensazioni che mi hanno attraversato lungo la via, sperando di conservarle dentro di me e di ritrovarle ancora in parete. Atterro alla base della via, La Reine des pommes, La Regina delle mele, con un sorriso che va da un orecchio all’altro. Una coppia di ragazzi che hanno assistito alla salita si ferma a congratularsi e lui mi dice «I’d like to come down, every time I send a route, with the joy you have in your eyes now!»
Raggiungiamo Claudio e Ale a Biographie: Ale è impegnato su Cent patates, che a breve, libererà flash! Giornata di prestazioni e di livello!! Porto Ste a provare una via, si sceglie un 6a al Demi Lune, Petit monstre, se lo monta e lo libera. Wowww!! Ma siamo tutti mostri oggi?!! Finiamo la giornata ammirando Alizée Dufraisse che tenta Biografie ma cade dopo pochi spit. Il giorno prima c’era un ragazzo giapponese, o comunque orientale, che non conosco, a provarla: sembrava molto tranquillo e sicuro pure lui - e calzava un paio di scarpe di Decathlon!! - ma la via continua a respingere i vari tentativi.
Nei giorni successivi non ritroverò più lo status di tranquillità mentale che avevo conquistato su La Reine des pommes, ma continuerò a scalare lo stesso divertendomi e purtroppo saltando giù - anche su Requiem pour un con, il 6c che volevo provare. Cominciamo a riconoscere i volti, i personaggi. Dietro la nostra tenda si piazza un gruppo di veneti estremamente orgogliosi della falesia di casa - Lumignano - sempre ad elogiare le - pur bellissime - vie che ci sono in Classica che sembrano, ai loro occhi, essere le più dure e l’unico metro di paragone rispetto a cui valutare tutto il resto.
Il giorno della doppia - La cascade (per Ale e Claudio, io e Ste ripieghiamo a Thorgal) al mattino, Un pont sur l’infini/Berlin al pomeriggio - ci mette a dura prova, tanto che la giornata seguente ripariamo al Lago de Serre-Poncon insieme a una coppia di Cremona che abbiamo conosciuto alla Maddalena il w/e prima di partire. Il bagno ci rigenera e, prima di rientrare al camping, ci fermiamo ad un supermercato di Gap per comprare qualche fettina di carne e un po’ di insalata, perché di pasta tutti i giorni non ne possiamo più! Cèüse ci tratterrà ancora un paio di giornate dopo di che, fermandoci a Briançon - vallata magica con un campeggio da scoprire - torniamo a casa, già pronti e vogliosi di affrontare nuovamente la salita per assaporare ancora, magari con più esperienza sulle spalle ma con lo stesso entusiasmo, il meraviglioso calcare ceusiano.
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